Spezia-Catanzaro, ritorno semifinale playoff: un VAR protagonista, tra errori e polemiche
La semifinale di ritorno dei playoff tra Spezia e Catanzaro ha offerto molto più che novanta minuti di calcio. In una serata che avrebbe dovuto essere consacrata allo spettacolo sportivo, a prendersi la scena è stato il VAR – o meglio, l’uso discutibile che ne è stato fatto. Il protagonista in negativo? Il direttore di gara Marchetti, condizionato in più occasioni dagli interventi – spesso fuori protocollo – del VAR Aureliano.
Primo tempo: due pesi e due misure
Il primo episodio controverso arriva dopo appena 10 secondi: Di Serio colpisce con un braccio il volto di Petriccione in un duello aereo. L’arbitro lascia proseguire, salvo poi fermare il gioco per oltre un minuto e mezzo per soccorrere il centrocampista giallorosso. Il contrasto viene ignorato, ma la sospensione viene comunque conteggiata come semplice interruzione, non degna di sanzione disciplinare.
Al 15’, un episodio simile vede protagonisti La Mantia e Hristov: il primo colpisce il difensore spezzino con una gomitata che lo costringerà a giocare con una fasciatura per tutta la partita. Questa volta scatta il giallo. Differente trattamento per un’azione paragonabile, che lascia subito intendere un criterio arbitrale non uniforme.
Il primo tempo si chiude tra sviste e recuperi minimizzati
Al 30’, l’azione che porta al gol del momentaneo vantaggio del Catanzaro è l’unica gestita correttamente: fallo netto di Mateju su Buso, punizione e rete di Cassandro. Tuttavia, anche qui il VAR si prende la scena con una revisione incomprensibile durata un minuto e mezzo, nonostante non vi fossero irregolarità evidenti né proteste.
Al 39’ un nuovo fallo di Di Serio su Petriccione: punizione sì, ma ancora nessun cartellino. Eppure, il primo tempo si chiude con soli 3 minuti di recupero, a fronte di interruzioni che avrebbero giustificato almeno il doppio.
Secondo tempo: errori gravi e interferenze arbitrali
A inizio ripresa, Pio Esposito atterra due giocatori giallorossi in un’azione scomposta, ma Marchetti evita qualsiasi sanzione. Un comportamento che gli consente di restare disponibile per l’andata della finale. Al 49’, un episodio paradossale: Mateju trattiene il pallone tra le gambe dopo essere inciampato. Il gioco continua e D’Alessandro viene punito solo dopo averlo toccato: una chiamata che sfida il regolamento.
Il caso del 61’: il gol annullato e poi assegnato
È il momento più controverso della serata: Esposito batte una punizione, Iemmello cade dopo un contatto con Wisniewski, e Marchetti – in perfetta posizione – fischia fallo. Il VAR richiama l’arbitro per rivedere l’azione. Una revisione che, secondo protocollo, non avrebbe dovuto avvenire, trattandosi di una valutazione soggettiva già effettuata sul campo. Eppure, la decisione viene ribaltata e la rete assegnata, spezzando l’equilibrio del match. Una forzatura del VAR che ha inevitabilmente indirizzato l’incontro.
Il finale tra KO e cartellini
Al 69’, Pigliacelli e Reca si scontrano in un’uscita su calcio d’angolo: ne escono entrambi fasciati, e l’ennesima lunga interruzione pesa sulla fluidità del gioco. All’86’, l’ultima forzatura: Biasci reagisce con una manata a un trattenimento di Hristov. Il gesto è blando, ma il VAR richiama ancora una volta Marchetti, che opta per il rosso diretto, laddove un’ammonizione sarebbe bastata. Ne nasce un parapiglia che costa ulteriori cartellini e minuti di sospensione.
Recupero “monco” e bilancio amaro
Nonostante le numerose interruzioni – tra soccorsi, VAR e sostituzioni – il recupero finale è di soli 5 minuti. Un dato che stride con i reali tempi persi: si sarebbero dovuti sommare almeno 13 minuti.
Conclusione
Una partita che resterà negli annali, purtroppo non per le imprese sportive ma per una direzione arbitrale confusa e condizionata, in cui il VAR ha agito più da protagonista che da supporto. Il bilancio? Un calcio troppo spesso interrotto, un regolamento applicato con eccessiva discrezionalità, e una semifinale playoff offuscata da polemiche. Ora la speranza è che la finale, almeno, si giochi davvero sul campo.